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MERCANTICO
Come Casale, San Lorenzello, seguì le vicissitudini storiche di Cerreto Sannita per divenire, successivamente, nel 1483, possedimento dei Carafa che lo governarono fino al 1806 ovvero fino alla estinzione del feudalesimo con il nome di San Lorenzo Minore per differenziarlo dall’altro San Lorenzo detto Maggiore e posto a Sud-Est di Cerreto.
Nel 1541 gli venne riconosciuta la indipendenza amministrativa con l’istituzione dell’Universitas ed il paese si andò sviluppando e popolando ma non senza patire vicende luttuose come la peste del 1656, il terremoto del 5 giugno 1688, la carestia del 1764 ed ancora il terremoto del 1805 e la successiva diffusione del colera nel 1837.L’attuale centro abitato si adagia a valle di Monte Monaco di Gioia o Monte Erbano e si estende in destra idrografica del F. Titerno che rappresenta il più settentrionale tra gli affluenti di sinistra del F. Volturno ricadenti nel territorio provinciale di Benevento a quota 228 s.l.m.; una divagazione dello scrivente attribuirebbe il nome ad una contrazione di quel torrens aeternus, nel senso di corso d’acqua perenne.
ll Titerno, come torrente, trae origine dalle sorgenti di S. Antonino a quota 348 s.l.m., a Nord di Civitella Licinia frazione di Cusano Mutri (BN) ed ha una lunghezza complessiva di circa 30 Km e prosegue poi con profonda attività erosiva e di trasporto verso Sud-Est.
Il Torrente Titerno, dopo aver eseguito un’ampia ansa con convessità ad oriente, aggirando la base di M. Monaco di Gioia (1332 s.l.m.), si dirige verso la piana di S. Lorenzello il cui Centro Abitato si adagia in parte su di una conoide antica ed in parte su materiali di natura piroclastica (cineriti e tufi immaturi di origine vulcanica).Per superare il corso del F. Titerno, durante il periodo delle guerre puniche combattute dai Romani contro i Cartaginesi intorno all’anno 540 a.C., venne costruito nel punto in cui l’alveo del fiume raggiunge la minima ampiezza un ponte ad una arcata noto come Ponte di Annibale. Foto da archivio personale.
L’elemento morfologico più caratteristico ed alle cui pendici si adagia il centro abitato di S. Lorenzello è il versante meridionale del M. Monaco di Gioia conosciuto meglio come M. Erbano nome legato alla varietà delle essenze erbacee medicinali notevolmente diffuse ed utilizzate nel passato.
L’unità paleogeografica da cui deriva quella del MATESE-MONTE MAGGIORE è la Piattaforma Carbonatica ABRUZZESE-CAMPANA; quest’ultima, che nella sua parte centrale assume spessori anche superiori ai 3.000 metri, nell’ERA MESOZOICA e, successivamente, nel PALEOCENE, costituiva un altofondo interposto tra il bacino LAGONEGRESE all’interno ed un bacino, ancor più esteso, quello MOLISANO posto all’esterno.
Alla fine del primo Periodo dell’ ERA MESOZOICA che abbraccia un intervallo temporale variabile tra 120 e 150 milioni di anni, ovvero il TRIASSICO durato circa una quarantina di milioni di anni, la distribuzione delle terre emerse nel Continente Nord-Atlantico, come mostra la seguente cartina (presa da:G. DAL PIAZ – Corso di Geologia Vol.II) e sulla nostra ITALIA PENISULARE si estende ancora la geosinclinale mediterranea: il mare della TETIDE.
Il comune di San Lorenzello ricade in una importante area ad elevata sismicità; il rischio da terremoto deriva dalle caratteristiche geologiche dei terreni su cui si adagia il cento abitato e che sono costituiti, come è descritto nella Carta Geologica, da terreni assai poco coerenti, ma anche dalle frane di crollo dei materiali lapidei che in occasione di questi eventi, laddove siano intervenuti fenomeni di intensa fratturazione, si sganciano dalla roccia madre precipitando rovinosamente sull’abitato.
Non a caso, l’amministrazione Comunale, nel lontano 1970 dette mandato anche attraverso l’Ufficio del Genio Civile per sollevare il paese dal pericolo di un grosso masso calcareo del peso di circa 200 quintali in posizione di incerta stabilità la cui rimozione avvenne utilizzando degli esplosivi.
(Le foto non vogliono in alcun modo mettere in evidenza la bellezza delle autovetture o di alcune di esse, o piuttosto metterle a confronto, ma vogliono solo lasciare un ricordo dell'evento a tutti coloro che vi hanno partecipato)
Stralcio del F° 173 della Carta d’Italia in scala 1:100.000 – I.G.M.
La morfologia generale del territorio è stata condizionata dai movimenti orogenetici tardivi del Pliocene e dai movimenti eustatici conseguenti le glaciazioni del periodo Quaternario; per questo essa si risolve in una zona ribassata “graben” in cui scorre la Valle del F. Calore ed in una zona rialzata “horst” costituita dalla successione di dossi collinari posti a nord di Telese ovvero M. Acero (q.736), Monticello (q.263), La Ricca (q.259) e M. Pugliano (q.213).
Una particolare caratteristica è quella che riguarda M. Pugliano (213 s.l.m.) caratterizzato dalla presenza di numerose “doline” sub circolari profonde anche centinaia di metri e con un diametro che raggiunge anche i 300 m. Al di sopra delle Terme si può, in effetti, assitere alla presenza della più straordinarioa concentrazione di doline da collasso nell'Appennino meridionale, legate dall'evoluzione di reticoli ipogei appartnenti presumibilmente ad una fase di carsificazione antica.
Queste caratteristiche forme morfologiche si sono formate a seguito della dissoluzione dei calcari operata dalla circolazione delle acque di superficie e di falda caratterizzate, queste ultime, da intense mineralizzazioni per dissoluzione sia delle rocce gessifere che di quelle carbonate, in quanto traggono la propria alimentazione dai bacini carsici del gruppo del Matese.
In realtà l'origine della mineralizzazione non è del tutto chiara ma, secondo recenti studi, potrebbe collegarsi proprio alla formazione gessoso-solfifera del Messiniano ovvero ad evaporiti presenti nei terreni triassici alla base dell'unità stratigrafico-strutturale Matese-Monte Maggiore.
In effetti, le acque trovano nei calcari fessurati facili vie di penetrazione ed esercitano tra gli spazi attraversati un’azione solvente ampliandoli tanto da creare veri pozzi che si addentrano verticalmente anche per centinaia di metri, mentre sugli impluvi tale azione realizza forme ad imbuto, a scodella, o a calice con pianta circolare o ovale che vengono comunemente chiamate “doline”.
Alle pendici del M. Pugliano, al confine tra i territori di San Salvatore e di Telese, si trovano le ben note “ sorgenti di trabocco” del Grassano da cui prende origine l’omonimo Rio dalle acque fredde e limpide e che sarebbero venute a giorno nell’ambito dei movimenti orogenetici tardivi del Pliocene ovvero almeno 25 milioni di anni fa.
Le sorgenti erogano all’incirca 6.000 litri di acqua al minuto secondo, una portata eccezionale tanto da far considerare il Rio Grassano come un vero e proprio fiume che decorre tra una folta vegetazione di canneti, faggi e pioppi ed attorno al quale è stato sapientemente realizzato un Parco naturalistico e faunistico di incontaminata bellezza esteso per ben 120.000 mq.
Le acque limpide e fredde che ben reggono al paragone con le più note Fonti del Clitumno, percorrono un parco naturalistico, un’oasi geografica incontaminata in cui la saggia architettura dell’uomo ha saputo coniugare la conservazione dell’ambiente con l’uso del territorio. Le limpide, trasparenti e cristalline acque tracciano il loro percorso in una piana posta a q.60 s.l.m. tra una folta vegetazione autoctona di canneti, salici e pioppi e lasciano incantati nell’osservare sul greto la policromia dei lucidi ciottoli arrotondati dall’erosione ed appartenenti in origine alle formazioni calcaree locali ed intorno le numerose nidificazioni della fauna avicola acquatica.
Scorcio del parco con il Rio Grassano - foto da Internet
LE ACQUE SOLFUREE
Il 25 gennaio del 1349 l’Italia Meridionale fu interessata da un terremoto di notevole intensità la cui documentazione consiste in uno scritto conservato nell’Archivio della Cattedrale di Isernia: ”Anno domini 1349 de mense Januarii in nocte Sancti Vinventii post coenam fuit unus multus magnus, et ab illa fere continue fuerunt quasi omni mense terremotus parvi usque navititatis……Gloriosae M. Virginis”.
A seguito di questa manifestazione tellurica si aprì una sorgente di acque minerali rivelatesi successivamente utilissime per curare particolari malattie della pelle e dell’apparato digerente e respiratorio in quanto ricche oltre che di zolfo bivalente, ossia di zolfo in uno stato di trasformazione molecolare, quindi attivo, anche di anidride carbonica che facilita la circolazione sanguigna periferica.
La costruzione delle attuali Terme attorno alle sorgenti di trabocco fu avviata nel 1876 alle falde del M. Pugliano a settentrione del centro abitato ad opera della famiglia Minieri che le inaugurarono sette anni dopo, nel 1883, anno in cui ebbe inizio, sul Monte Pugliano, la costruzione del Grand Hotel.
Poiché le sorgenti si trovavano in confine tra i territori di Telese e di San Salvatore, per molti anni si è assistito ad un contenzioso conclusosi nel 1957 con la costituzione di un Consorzio tra i due Comuni.
Le Terme di Telese, sotto stretto controllo medico esplicano attività curative nello stabilimento, che si trova in un parco di alberi secolari e sorgenti di acqua limpida ed attrezzato con due piscine di acqua termale sorgiva, i "Goccioloni" e la "Pera", per la prevenzione e la cura delle patologie dermatologiche.
Qui si può godere con la frescura degli alberi, un sano riposo accompagnato da un bicchiere di “acqua di sulfurea” e “tarallini” di San Lorenzo senza voler trascurare il parco giochi per bambini, le sale congressi, la pista da ballo e lo stabilimento per l'imbottigliamento dell'acqua sulfurea.
Un angolo del parco delle Terme – Foto da Internet